Ma cosa c’entra la canapa con le batterie elettriche?
La canapa è stata scelta come uno dei materiali principali per la sua durata, la sua porosità e i suoi bassi costi.
Fra i primi approcci all’uso di materiale di origine vegetale per lo sviluppo tecnologico, abbiamo quello dell’ingegnere David Mitlin dell’Università dell’Albertasi, il quale si focalizzò sulla creazione di un nanomateriale ricavabile dagli scarti della lavorazione industriale della canapa. Questo fu di grande effetto in quanto il ricavato degli scarti vegetali si rilevò avere proprietà simili al grafene, ma con un costo minore.
Infatti si scoprì che la canapa poteva essere trasformata in nanosheets, quindi elettrodi in lamine sottilissime con grande superficie esposta e alta capacità di trasporto e conservazione dell’energia. Da questa scoperta però non ci furono effettivi sviluppi concreti.
Altri approcci, basati sulla prima scoperta di Mitlin, si sono sviluppati recentemente in Texas. Le informazioni rilasciate al riguardao parlano di una batteria alternativa a quella agli ioni di litio (Li-ion), con una tecnologia sviluppata per batterie allo zolfo di litio (LiS) chiamata B4C-hemp, abbreviazione di “carburo di boro ricavato dalla canapa”.
I prototipi della tecnologia LiS/B4C-canapa, secondo gli inventori (Bemp Corp) , riuscirebbero ad offrire vantaggi significativi in termini di costo, peso, scalabilità, prestazioni e riciclabilità. Le batterie alla canapa presentano però problemi quali la contrazione/espansione del catodo durante la carica/scarica e il passaggio dei polisolfuri del catodo all’anodo, che ne compromette le prestazioni.
Parliamo quindi di una tecnologia che garantisce una salvaguardia dell’ambiente molto elevata, che però deve essere ancora ben studiata.
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